La santoreggia, oltre ad aromatizzare molti piatti, rendendoli unici, è considerata una pianta preziosa dal punto di vista terapeutico.
Molto valida in caso di digestioni faticose, vomito, diarree, gas intestinali e coliche. Viene utilizzata anche in caso di convalescenza, impotenza sessuale, frigidità e per contrastare l’azione di vermi intestinali.
In cosmesi, infine, viene adoperata per le pelli grasse ed impure e per fortificare i capelli.
Digestione difficile, coliche:
Fai bollire 100 gr. di santoreggia in 1 litro di acqua per 10 minuti tenendo coperto; quindi filtra e bevi 2-3 tazze al giorno, lontano dai pasti.
Curiosità:
La fama della santoreggia come afrodisiaco si diffuse in epiche molto antiche. Gli autori latini raccomandavano di non eccedere nell’uso di questa pianta, altrimenti l’effetto sarebbe stato quello di finire in balia degli istinti più sfrenati ed incontrollabili. Ancora nel Medioevo la coltivazione di questa erba fu proibita in molti monasteri, proprio per questa sua “inquietante” proprietà. In altri casi, invece, la virtù afrodisiaca della pianta fu ampiamente apprezzata e la santoreggia fu addirittura mescolata ad altre droghe che rendessero questa sua caratteristica ancora più accentuata.
Alcuni studiosi sostengono che il nome stesso della pianta faccia riferimento a questa presunta proprietà afrodisiaca. “Santoreggia” deriverebbe infatti da “satiro”, cioè da quella mitica creatura dei boschi dalle sembianze metà umane metà caprine la cui più pregnante caratteristica era la lussuria. Secondo invece altri studiosi l’origine del nome sarebbe da individuare nella sua diffusione in ambito culinario. Santoreggia deriverebbe infatti dal latino saturejum, a sua volta proveniente da satura che significa salsa, mescolanza. La piantina era del resto sempre presente nei piatti più appetitosi e nelle sale più saporite.
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